martedì 7 giugno 2011

La fine della felicità

Prologo
Erano passati anni dalla morte di Sampei Ohaio e dei suoi seguaci per mano di Fredrick Marx e Kiappenstein Specimen, diventati ormai due eroi leggendari. Come gli eroi dell'antico Far West, essi non morivano mai, anche se in questo caso si trattava di persone che cambiarono il destino del mondo per sempre.
Dopo tanti anni, però, il mondo cadde in una situazione ancora peggiore di quello che fu definito il "Disastro Ohaiano". Non solo le persone incominciarono a diventare sempre più malvagie, ma anche la Terra incominciò a diventare sempre più inospitale per gli esseri umani. La sua anima stava marcendo e sembrava che a nessuno interessasse. Da quel momento incominciarono una serie di catastrofi, ma questa è un'altra storia...


Capitolo I: Il passato di Bem
<< Bene, è nato, ed è un maschio! >> esultò il dottore che era stato incaricato di far nascere il bambino e visto che era la sua prima operazione, era tutto orgoglioso del suo successo. Si poteva subito capire che era un bravo medico, contando il fatto che era la sua prima operazione e non si era arrivato a complicazioni di alcun genere.
<< Adesso chiudiamo ed andiamo a mangiare. >>
Due ore più tardi i genitori furono chiamati per vedere il proprio figlio.
Il padre si chiamava Erdap e la madre Erdam. Il papà aveva trent'anni ed era piuttosto alto. Aveva occhi azzurri e capelli biondi ed era relativamente magro. Faceva lo criptozoologo ed era un naturalista rispettato da tutto il mondo accademico, anche perché aveva dimostrato che l' Homo neanderthalensis non si era estinto ma continuava a vivere in remote località del mondo. Sorprendentemente riuscì a catturarne un esemplare vivo, quindi lo analizzò, prese un paio di campioni ed infine lo liberò, non prima di filmarlo ovviamente. Per tutta la sua vita disse: << Io non ho scoperto niente ho solo catturato quello che era stato scoperto da tantissimi altri ricercatori, tra cui Bernard Heuvelmans e Lorenzo Rossi. >>
Invece la mamma era più vecchia del padre di esattamente due anni, ed era ancora più alta di lui. Lei aveva occhi neri e capelli castani. Ovviamente, era grassa. Faceva la neurochirurga e lavorava sulla cura per il cancro, ma non ne era ancora venuta a capo. Era da tanto tempo che desiderava un bambino, e vide Bem come un miracolo, un dono di Dio. Non capì mai perché suo marito si ostinava tanto a cercare d scoprire nuove specie di Homo, perché a lei sembravano tutte uguali in fondo.
Quando vide il bambino, sprizzò di gioia.
<< È... È... mio figlio! Hai visto, abbiamo un figlio finalmente! >> .
<< Si lo vedo tesoro, è uguale a sua madre. >>
Ad un tratto però, in quella scena di piccola vita quotidiana entrò un intruso, che fece sparire tutta la gioia del momento e la trasformò in paura e preoccupazione.
<< Mi dispiace signora, ma vostro figlio dovrà restare qua per sette giorni. >>
A questa affermazione fredda come il ghiaccio, Erdam si pietrificò.
Adesso non era più sulla Terra, su quel letto d'ospedale, adesso era nella sua mente, e subito incominciarono a balzargli in testa paure infondate e le solite domande di preoccupazione. E se perdo il bambino? Scommetto che adesso mi diranno che hanno scoperto una rara malattia nel suo corpo. E la risposta, dopo questo piccolo momento di distrazione fu un misto di rabbia e paura per il figlio.
<< Cosa?! Perché!? >> .
<< Beh, è semplicemente la prassi, gliene abbiamo già parlato prima del parto. Siamo obbligati da quando tanti bambini arrivano ad avere complicazioni. Però non si preoccupi, questo non accadrà a suo figlio, è solo perché dobbiamo per legge. >> 
<< Va bene. Cercate di non fare alcun errore. >>
Passò una settimana e non ci furono complicazioni.
Ormai erano passati quattordici anni e Bem era diventato un ragazzo.
Non capitarono tante cose eccezionali durante questi anni. Bem, come ogni ragazzo normale imparò ad andare in bicicletta, ad attraversare la strada solo col verde, a non accettare caramelle dagli sconosciuti e così via. Praticava un'arte marziale chiamata Nanbudo, in cui si impegnava molto ed in cui spendeva maggior parte del suo tempo libero. Le sue materie preferite erano scienze, matematica e latino, e non provava una grande simpatia per le lingue. 
Quel giorno si svegliò presto per fare colazione, anche se di solito non la faceva. Lui diceva sempre che svegliarsi era un abominio per tutta l'umanità. In fondo, perché privare il mio letto della compagnia adeguata? Dopo aversi lavato i denti e la faccia, si vestì. Si vestiva normalmente e non amava mettere abbigliamenti troppo complessi. Infine corse giù per fare colazione.
La colazione era uova e pancetta. Che fantasia, pensò.
<< Hai studiato? >> chiese sua madre sbucando fuori dal nulla e facendogli prendere un colpo.
<< Te l'ho già detto un miliardo di volte,si. >>
<< Va beh, lo sai che una mamma si preoccupa sempre per il suo piccolo. >>
<< Non so se si possa dire che io sono piccolo, però visto che ci tieni tanto... >>
<< Di cattivo umore oggi,eh? >> .
<< Mi dispiace, mamma, ma lo sai che oggi ho francese ed io non sopporto francese. Ci riempe sempre di compiti ed io non ci capisco mai una mazza. Se passo con il quattro mi sento fortunato. >>
<< Non devi sempre guardare tutto così negativamente, cerca di essere un po' più positivo e vedrai che tutto andrà per il meglio. >>
<< Grazie mamma, ma non ho bisogno che tu t' intrometta nella mia vita. Non basta il fatto che mi chiedi sempre dei compiti, degli espe, della mia giornata, ma pensi anche di potermi giudicare. Io sono positivo quanto basta, e se adesso non ti dispiace me ne vado a scuola!>> .
Subito si alzò, varcò la porta, uscì e la sbatté fortissimo, trasmettendo tutta la rabbia del litigio con la madre.
Erdam voleva chiedergli di parlare, per chiarire le cose, ma lui si era già incamminato verso la scuola.
Arrivato a scuola Bem salutò subito i suoi compagni che, come tutti gli studenti, non erano particolarmente entusiasti di incominciare la scuola alle otto di mattina. Bem non era molto socievole, infatti si teneva sempre ad una certa distanza e non socializzava mai, forse perché era ancora molto addolorato per la morte del padre.
Accade tutto quando Bem aveva sei anni, suo padre morì in un incidente stradale e Bem da allora divenne un ragazzo molto schivo e chiuso.
Tuttavia era un genio nelle materie scientifiche, e garda caso proprio quel giorno avrebbero avuto un espe di scienze ed uno di mate.
Prima fece l'espe di scienze, poi quelle di mate ed infine un'ora di latino.
Quando finì l'espe, tornò subito a casa perché era molto affamato, ma c'era un problema.
La porta di casa era aperta e c'erano segni di scasso. Entrando dentro la casa vide una striscia di sangue che portava al salotto e seguendola scoprì quello che avrebbe cambiato la sua vita per sempre.
<< Oh mio Dio!!!!! >> .
Lì sul tappeto trovò il cadavere di sua madre. L'espressione del suo viso fu quella di una persona piena di dolore e davanti a tutto quel sangue Bem non riuscì a non vomitare.
Dopo aver passato quindici minuti circa a piangere ed a urlare, con le ultime forze che gli rimanevano andò, prese il telefono e digitò il numero della polizia. Poi vomitò ancora.
Quando arrivò la polizia Bem si sentì in un qualche modo rassicurato. Aveva tanta paura che il Killer potesse tornare e finire ciò che aveva iniziato. Infatti sentì dalla polizia che non era stato rubato niente e ciò voleva dire che  chiunque fosse sapeva bene cosa voleva fare, ma a quanto pare non sapeva che Bem tornava più tardi da scuola perché faceva latino.
Senza nemmeno essersi ripreso, la polizia lo prese subito da parte e lo interrogò.
<< Buon giorno figliolo, io sono l'ispettore Hcolb e sono incaricato d'indagare sul vostro, emh, incidente. >>
<< Mi scusi ma non penso di stare bene. >>
<< Posso capire il tuo stato, ma abbiamo bisogno del tuo aiuto. >>
<< Quindi anche a lei hanno assassinato la madre? >> .
<< ... , no, però mi deve assolutamente dire se avevate nemici, se qualcuno vi minacciava o qualche cosa d'altro. >>
<< Non lo so.... Vado a vomitare! >> .
Bem non poté dare nessuna informazione di qualche utilità, e visto che non gli rimanevano altri parenti, venne mandato all'orfanotrofio.
Dopo solo due anni venne adottato, ma questo non cambio il suo morale. Infatti rimanette un ragazzo schivo e chiuso.
Andò all'università e diventò un grande scienziato, proprio come suo padre.


Capitolo II: Ritorno al presente
Passo tanto tempo, e ormai Bem aveva quasi dimenticato il suo triste passato. Tempo fa, pensava che il ricordo di sua madre morta sarebbe stato indelebile, pensava si fosse piantato come una quercia nel suo cervello. Ormai non era più un problema quell'immagine, tanto che non aveva nemmeno più incubi a riguardo. Ma c'era ancora qualcosa che si chiedeva instancabilmente, giorno e notte: perché? Che male avevano fatto sua madre per meritarsi un assassinio a sangue freddo?
C'erano così tante domande, ma così poche risposte.
Improvvisamente i suoi pensieri vennero interrotti da un silenzioso toc-toc.
<< Ancora lì a pensare, eh? >> disse Alfonso Donatello, un amico di Bem che lavorava con lui.
Era un grande genio e certi dicevano che era per via della sua età, ma lui diceva che cinquant'anni non sono tanti per imparare, e che ne avrebbe voluti molti di più.
Lavoravano tutti e due in un laboratorio in America, ma il più del tempo lo passavano in casa, a preparare ricerche o spedizioni varie.
Comunque Donatello non amava lavorare in casa, dicendo che gli metteva una certa agitazione non sapendo né il perché né il per cosa. Era molto magro visto che non mangiava tanto a causa del suo lavoro che lo impegnava a tempo pieno. Era anche tanto alto con gli occhi marroni e dei capelli abbastanza lunghi, lisci e castani. Era anche famoso per essere il nipote di T.A. , un famoso matematico che formulò varie teorie interessanti. Nonostante tutti i suoi piccoli difetti, aveva un cuore d'oro e si era sempre comportato come una specie di padre nei confronti di Bem.
Lui e Bem si conobbero in Germania, a un seminario sulla chimica. Bem stava presentando un suo progetto, così Alfonso lo notò e lo convinse ad entrare nel suo team.
Adesso era impegnato in una ricerca quasi ossessiva per trovare la cura al cancro, ma non aveva ottenuto uno straccio di risultato.
<< Si, faccio sempre la solita cosa. Dopotutto il nostro lavoro si concentra sul pensare. Penso quindi so. >>
<< Pensa, pensa. Intanto io non ho ancora trovato una cura e i tuoi giorni stanno per scadere. Non ti sarai mica arreso, vero? >> .
<< Primo, ho ancora un anno e qualche settimana di vita. Secondo, il tumore ormai non si può togliere. Sono ancora fortunato che riesco a vivere come un uomo, e non come un vegetale. E poi tu lo sai meglio di me, i miracoli non accadono due volte. >>
Bem si riferiva alla perdita della figlia in un incidente stradale. Alfonso si salvò, ma sua figlia morì. Anche se un    altro si sarebbe arrabbiato, lui sapeva benissimo che diceva queste cose solo perché era arrabbiato. Ormai Bem era fatto così, era una testa calda, tanto che è riuscito a farsi licenziare per ben tre volte.
Comunque, Bem soffriva di una forma di cancro al cervello e i medici dicevano che era fortunato a non necessitare di essere attaccato ad un macchinario per vivere. Gli avevano detto che gli restava circa un anno di vita e qualche settimana e che non poteva sforzarsi troppo.
<< No, non è vero! Io te lo prometto, tu non morirai. La morte dovrà prendersi anche me insieme a te! >> .
<< Non penso che la morte si faccia problemi a portar via anche te da questo pianeta. >>
<< Posso anche sembrare un debole vecchio, ma nessuno potrà mai fermare la mia determinazione. >>
<< Chissà se dalla tomba diresti le stesse cose. >>
<< Ragazzo, nessuno mi può battere o fregare, questo lo sanno tutti. >>
<< Io ci riuscirei di sicuro, vuoi scommettere? >> .
<< Si dai, cento dollari che non ce la fai entro stasera. >>
<< Ve bene, sarà un gioco da ragazzi. >>
<< E come penseresti di fare, se sei così sicuro di te? >> .
<< Basterebbe manda... >>
<< Eh? >> .
<< Chupa!!!! Hahahahahaha, ho vinto io, dammi i miei soldi, imbattibile super-vecchio. >>
<< Questa gioventù. Ai miei tempi questa era considerata una mancanza di rispetto verso una persona più saggia di te. >>
<< Intanto io ho vinto. >>
<< Vabbé, io devo andare. Ci vediamo sabato alla riunione, e non dimenticartene perché è importante. >>
<< Non mancherò, ciao >>.
Bem uscì dal suo ufficio in fretta e furia, stava per arrivare tardi a un appuntamento con la dottoressa.
Il laboratorio dove lavorava Bem era molto grande, ed era pieno di persone che entravano e uscivano dallo stabile. Molti di questi erano solo lì per conto di altri scienziati impegnati in altre ricerche. Era il sogno di tutti lavorare in quel laboratorio, ma solo in pochi potevano entrarci effettivamente. Da quando la pace era tornata sul pianeta il governo metteva molti più fondi nella ricerca scientifica che in altro.
Bem arriva dalla dottoressa in ritardo come al solito, ma lei non disse niente essendosi abituata.
Dopo un paio di analisi di routine diede il suo responso:
<< Devi smetterla di lavorare, se continui così morirai. >>
<< Alla faccia della sincerità. >>
<< Beh, cosa vuoi che ti dica, continui a fare il contrario di quello che ti dico. >>
<< Se lei cercasse di essere più attiva e mi aiuti a non morire come è suo compito fare forse l'ascolterei di più, non crede? >> .
<< Non ti posso aiutare se tu non t'impegni minimamente. >>
<< Va bene, tanto so come finirà la storia, lei ha ragione e io ho torto. Arrivederci. >>
Bem uscì sbattendo in modo molto violento la porta.
Litigava sempre con la dottoressa Giustina de la Cava, forse perché erano due caratteri molto differenti. Però avevano una cosa in come: tutti e due avevano un passato triste. Anche alla dottoressa morirono i genitori. Fu un incidente stradale catastrofico: venti vetture tra cui tre autobus si scontrarono e morirono cinquanta persone.
Da allora decise di fare il medico per salvare la vita alle altre persone.
Era molto bella e piuttosto alta. Aveva degli occhi bellissimi e una capigliatura riccia.
Bem e la dottoressa in fondo si volevano bene, ma nessuno dei due voleva ammetterlo.
Passavano i giorni e arrivò sabato.
Erano tutti molto agitati per la riunione e per le voci che ci giravano attorno. A quanto pare Alfonso aveva organizzato una spedizione in Antartide, perché pensava che la ci fosse la cura al cancro.
<< Affermo ufficialmente che la riunione ha inizio. Andrò subito al punto. Voglio organizzare una spedizione per l'Antartide e chi vuole unirsi potrà dirmelo domani. Qualcuno è contro? >> .
<< No, ma come mai così d'un tratto organizzi una spedizione in un luogo così inospitale? >> .
<< Ho la sensazione che la ci sia la cura per il cancro. >>
<< Ma è una pazzia! Mostraci almeno le tue prove. >>
<< Mi sembra di essere sempre stato all'altezza delle aspettative di tutti, quindi non vedo perché non dovreste fidarvi di me. >>
<< Va bene, allora ti daremo il beneficio del dubbio. >>
<< Quindi si parte tra tre giorni, preparatevi. >>
Bem uscì dalla stanza e si diresse a tutta velocità nello studio della dottoressa.
Voleva assolutamente che venisse con loro. Lui si ripeteva tra sé e sé che gli serviva se qualcosa sarebbe andato male, ma in verità voleva solo fare pace e passare due belle settimane in sua compagnia.
Arrivato allo studio si fermò a guardare per un attimo la porta. Aveva un brutto presentimento, ma non rimase molto a pensarci e aprì la porta.
<< Buongiorno dottoressa, le andrebbe di viaggiare? >> .
<< Come mai questa domanda? >> .
<< Beh, io dovrei andare in Antartide ed è molto importante che io ci vada. Ma se ci fossero complicazioni a me servirebbe qualcuno capace di curarmi. Sa, per non schiattare. >>
<< Avrete dei medici la, no? >> .
<< Si, ma io non mi fido di loro quanto di lei che segue il mio caso da molto tempo. Poi lei ha tutte le mie medicine, le mie cartelle, ecc. . >>
<< Si, ma queste sono tutte cose che si possono reperire altrove, o al massimo si possono consegnare agli altri medici. >>
<< Si..... ma lei è specializzata in queste cose. Senta, capisco possa essere una cosa inaspettata, però io ho bisogno di lei. Se viene, potrei incominciare ad ascoltarla di più. >>
<< Non so, ci devo pensare. Facciamo che la richiamo domani, ok? >> .
<< E va bene, però ci conto. Arrivederci. >>
<< Arrivederci. >>
Bem andò a casa per prepararsi al viaggio.
Ormai si doveva partire, ma nessuno sospettava che tutto sarebbe cambiato....


Capitolo III: Sull'orlo della fine del mondo
Passarono diverse ore prima di raggiungere l'Antartide, dove avevano già preparato un accampamento.
Bem odiava viaggiare in aereo, infatti gli veniva sempre una voglia di vomitare pazzesca. Era ancora peggio quando c'erano le turbolenze. Ma ci si dovette abituare visti i numerosi viaggi che faceva. Aveva viaggiato per quasi tutto il mondo, e aveva visto tantissimi animali tutti diversi. Lui pensava che la varietà della natura era una cosa importantissima, una cosa da mantenere. Non era l'unico visto che anche altri scienziati avevano creato gruppi per preservare la biodiversità del mondo, e molti di questi dovettero dare una somma di denaro inimmaginabile, che farebbe gola a chiunque.
Per fortuna nel viaggio lo avevano aiutato tutti a rilassarsi. Era felice perché alla fine la dottoressa venne e incominciò a dare più peso alle parole di Donatello, acquistando nuova speranza.
Ormai tutto andava a gonfie vele, almeno così pensava lui.
Arrivati all'accampamento videro quello che non si sarebbero mai aspettati: tutto l'accampamento era pieno di cadaveri.
Sembrava che fosse passato un ciclone, era una marea di sangue e di arti congelati sparsi qua e la. Alcuni cominciarono a vomitare, altri come Bem invece rimasero impassibili di fronte a quel immagine, come se stessero rivivendo un'altra volta lo stesso evento.
<< Oh mio Dio!!!! >> urlarono istericamente quasi tutti << Chi è stato a fare questo abominio? >> .
<< Sono stati uccisi da tanto, almeno tre giorni >> aggiunge Giustina.
<< Avanti gente, diamoci una calmata! Ci sono delle telecamere qui, potremo vedere chi è stato a fare tutto questo. >> disse calmo Alfonso.
Guardarono tutti le registrazioni. Era tutto normale una settimana prima. Tutti che facevano le loro cose, che parlavano, che ridevano e che scherzavano. Ma le registrazioni successive mostrarono uno scenario orrendo.
Si videro almeno dieci uomini armati che entrarono dentro l'accampamento e, uno ad uno, uccisero tutti.
Bem rimase shockato, tanto che il suo sguardo non si spostava di una virgola.
Era strano che non si fossero accorti delle telecamere, forse avevano fretta di finire il lavoro ed andarsene. Ma chi poteva volere una cosa simile?
<< Secondo te possiamo sapere dove si sono diretti? >> chiese Donatello a uno dei suoi specializzato in operazioni di salvataggio. Non era uno scienziato, era più una scorta.
<< Si, le nostre apparecchiature rilevano un edificio non molto lontano da qui, ma è strano, visto che sulle nostre mappe non c'è niente da queste  parti. Forse è meglio chiamare dei soccorsi. >> .
<< E se tornano, cosa facciamo? >> chiese uno degli scienziati.
<< Forse è meglio mandare una squadra per vedere cosa c'è in quel edificio, e intanto far rimanere qualcuno qui ad aspettare i rinforzi. >>
<< Si, faremo così. >> rispose Alfonso << chi vuole venire con me? >> .
Si offrirono Bem, la dottoressa e ovviamente la scorta ed un paio di suoi uomini.
Erano partiti verso la loro fine.
Erano passate poche ore di cammino ed erano arrivati a destinazione.
Era un grande edificio che infondeva una grande tristezza a guardarlo. C'erano tanti tubi che uscivano da esso e anche tante piccole fessure. Stranamente non c'erano guardie e nemmeno una telecamera.
<< Le nostre apparecchiature rilevano delle celle all'interno, forse la ci sono dei prigionieri. Dobbiamo entrare a salvarli. >>
<< Tanto ormai anche se diciamo di no a te non te ne importa niente e ci porti dentro comunque, vero? >> sbottò malamente Bem.
<< Cos'è, hai per caso paura? >> lo incalzò la scorta.
<< Mio Dio, noi non siamo eroi! Cosa pensi di fare, entrare e liberare tutti senza che nessuno se ne accorga? Non funziona come nei film, qui rischiamo la vita! >> .
<< Allora se vuoi resta pure fuori, loro l'avrebbero fatto per noi. >>
<< Non possiamo lasciarli li, Bem. Per favore, vieni con noi. >> gli disse dolcemente la dottoressa.
<< Va bene, ma con la massima cautela. >>
Entrarono facilmente nell'edificio attraverso uno di quei tubi e non vennero fermati da nessuno. Era molto strano, ma tutti erano troppo preoccupati per pensarci. Arrivarono ben presto alle celle. Erano piene di mostruose creature che sembravano uscite dalla mente di Lowercraft.
<< Ma dove siamo finiti? >> disse Alfonso.
La domanda non tardò a venire.
<< Siete alla base dell'organizzazione segreta degli Stati Tiranni, ed io sono Accac. >>
<< Non ho capito niente. >> disse Bem.
<< Va bene, allora incomincio a spiegare tutto dalle origini. Immagino sappiate tutti la storia della grande vittoria di Max Fredrick su Sampei Ohaio. Beh, da allora regno la pace per tantissimo tempo, tanto che adesso siamo nel 2999 e non c'è stato mai un conflitto da allora. Da allora la Svizzera divenne lo stato più importante e noi incominciammo la nostra attività. Sapevamo che l'uomo avrebbe sprecato questa pace e questo benessere che si creò secoli or sono, e quindi fondammo l'organizzazione ST in onore all'organizzazione del nostro più grande nemico, Sampei. Dopo l'era glaciale, l'Antartide si allargò e noi potemmo stabilirci qui, dove facevamo esperimenti per prepararci alla fine del mondo che sarebbe potuta arrivare da un momento all'altro. Quello che vedete nelle celle sono i risultati di questi esperimenti. L'anima della terra sta marcendo poco a poco e punirà gli esseri umani e tutta la vita sulla terra cancellandoli per sempre >>
<< Voi siete pazzi. >> disse Bem.
<< Voi ci date dei pazzi! Non sono mica io che sono entrato nella tana del lupo. Ma basta con le cance, vi auguro un bellissimo sonno, senza incubi possibilmente. Sparate, ma non uccidete quello che ci ha insultato. >>
Incominciarono una serie di spari. Cadettero tutti, uno per uno sotto gli occhi di Bem. Non aveva mai detto ad Alfonso che gli voleva bene, e non aveva mai detto a Giustina che l'amava.
Sentì ancora quel maiale di Accac dire qualcosa.
<< Mettetelo nella camera d'ibernazione e impostate il timer poco prima dell'ora x, voglio che veda tutto quello che succederà >>
Poi una scossa gli passò per tutto il corpo.
E poi il nulla.


Capitolo IV: Un anno dopo
Faceva freddo, molto freddo quando Bem si svegliò. Vide un uomo con gli occhiali seduto davanti a lui, impegnato a guardare dei fogli.
D'un tratto si ricordò tutto.
<< Alfonso!!!!!! Giustina!!!!! >> .
<< Smettila di urlare, tanto sono tutti morti. >> sbottò l'uomo misterioso.
<< Chi sei tu? Cosa volete da me? >> .
<< Io sono Alb, il miglior scienziato del mondo. E sono dalla tua parte. >>
<< Mi sento strano, cosa mi avete fatto? >> .
<< Ti ho trasformato in una di quelle creature che c'erano nelle celle, solo che tu hai lo stesso aspetto degli altri. Tu sei l'unico che può salvarci. Adesso dobbiamo scappare, sta per incominciare. >>
<< Non capisco niente, cosa dovrei fare di preciso? >> .
<< Non è importante, capirai tutto quando incomincerà. Ricordati solo di alleviare il loro dolore. >>
<< Il dolore di chi? Non ci sto capendo niente e mi fa male la testa. >>
<< È normale, adesso dobbiamo andare. >>
Presero un aereo e andarono verso la Svizzera. Dopo la loro partenza, dai tubi uscirono tantissime creature mostruose. Bem si chiese chi fosse stato a liberarle, ma probabilmente non era importante.
<< Dove stiamo andando? >> .
<< A Gaia, l'anima della terra. >>
<< Ma se stiamo andando verso la Svizzera. >>
<< Infatti, e li che si creerà un passaggio per Gaia. >>
<< Se ti facessi delle domande immagino che non mi risponderesti, vero? >> .
<< Giusto. >>
<< Allora vado a dormire. >>
<< Va bene. >>


Capitolo V: Epilogo
Arrivarono in Svizzera e Bem vide quello che non si sarebbe mai aspettato: un enorme buco nel centro di Basilea.
Non si vedeva il fondo, ma emetteva una luce molto bella, quasi rassicurante.
Intanto, la strada pullulava di mostri, probabilmente venuti fuori da tutte le basi della ST. Era proprio un caos senza precedenti.
<< Buttati. >> gli disse Alb in modo molto calmo.
<< Ma sei pazzo! Morirò! Non c'è fondo. >>
<< Fino ad adesso ti sei potuto fidare no? Buttati. >>
<< Va bene. Cosa accadrà? >> .
<< Bella domanda, io non lo so. >>
Poi si buttò. Non scoprì mai chi fosse Alb e perché lo aiutò.
Si trovò a fluttuare nel nulla. Venne illuminato dalla luce di Gaia. Tutta la vita gli passò appresso e d'un tratto capì tutto. Perché era nato, chi uccise i suoi genitori, cos'aveva fatto Alb su di lui, chi era Accac e molte altre cose. Sapeva che doveva andare al cuore della terra e salvarla.
<< È arrivato. >> disse una voce maschile.
<< Tu sei Sauro Dino, suppongo. >>
<< Si, immagino tu conosca già i miei amici. >>
<< Solo di sentito. >> Bem fece una pausa << Topogigio, la ferocia in persona; Francesca, il più permaloso e "diverso" del gruppo; Texas, il grande sparviero(chissà perché lo chiamavano così) ; Al Aisatnaf Aicnimocni A Eraiggesracs, il più fantasioso del gruppo. >> fece un'altra pausa << E per ultimo ma, non meno importante, Sampei Ohaio. Volete chiedere perdono a Gaia? >> .
<< Io voglio solo vendicarmi, gli altri invece vorrebbero essere perdonati. >> rispose Sampei Ohaio.
<< Allora venite con me, e ritroverete la pace. >>
Era come fluttuare in una specie di gelatina che t'infondeva un misto d'armonia e d'infelicità. Ormai Bem non aveva più paura, essendo diventato il dogma.
Era arrivata la fine, si avvicinava sempre di più la radice di tutti i problemi.
<< Come osi contrastare la volontà di Gaia. >> dissero in coro due voci misteriose.
<< Voi la state interpretando male la volontà di Gaia. Se distruggesse tutto, non avrebbe più senso di esistere. >>
<< Ma tu che ne sai? Noi abbiamo vissuto al suo fianco per più di mille anni. L'abbiamo capita, e l'abbiamo amata. Noi sappiamo cosa vuole, e non vuole te. >>
<< Si, forse avendo salvato il mondo una volta pensate di essere nel giusto, ma questa è solo una pretesa per vendicarsi dell'umanità che ha rifiutato il vostro dono. Non è vero, Fredrick? Tu e Kiappenstain siete nel torto, ma non volete ascoltare Gaia e per questo pagherete. Io sono il Dogma! >> .
<< Sono felice per te, almeno saprai il nome dei tuoi carnefici. Muori!!!! >> .
Bem schivò un paio di attacchi e fece un ghigno di compassione per quei due pazzi che volevano mettersi contro il male. Si, perché Bem era il male. Loro volevano cancellare tutto, lasciando solo il bene, quel bene così bello e non corrotto. Ma Bem apprese che senza il male, senza un equilibrio fra le due forze, il nulla avrebbe inghiottito tutto, lasciando il mondo in un vuoto desolato. Questo Gaia l'aveva capito, ma i due vecchi eroi non volevano accettarlo. Questo li avrebbe portati alla morte. Chi stava con Gaia si sarebbe salvato, chi invece no sarebbe andato nel nulla, dimenticato nel tempo e allora si che sarebbe morto, perché nessuno si sarebbe ricordato di lui.
Gli bastò alzare una mano, per vederli cadere a terra senza forze.
<< N...non è fin....fini..ta >> disse Max.
Subito dopo una luce abbagliante inondò tutto, ed erano spariti Max e Kiappenstain. Al loro posto era apparso un angelo lucente.
<< Io sono tutto quello che il bene può essere, io sono Chronodio, e t'impedirò di concedere all'impurità la vita. >>
Bem fu sopraffatto da questo nuovo nemico, tanto che per la prima volta provo paura. Non lo vide nemmeno avvicinarsi, ma senti il suo candido tocco trapassargli lo stomaco. Stava morendo e per la prima volta aveva paura di essere mandato nel nulla per via del suo fallimento e di morire veramente. Poi gli apparve Giustina e Alfonso.
<< Pensavamo fossi più forte. Non arrenderti, non permettere al bene di distruggere tutto. >>
<< Arghhhhhhhh!!!! Il dolore è lancinante, non ce la faccio! >> .
<< Si che ce la fai, noi siamo qui che ti aspettiamo.... >>
Bem si alzò con una nuova energia che superava di molte volte quella di Chronodio.
<< Addio Chronodio, è finita. >>
Con tutta la potenza che aveva in corpo, Bem si autodistrusse. In un attimo tutto venne spazzato via.
Poi la luce del sole.
Solo pochi sopravvissero alla catastrofe, ma da allora non ci fu mai più un periodo di crisi, e finalmente si visse una normalità bellissima, con i suoi momenti belli, ma anche quelli brutti.
Io sono Phedrus Samtom e questa non è la mia storia, e la storia di come anche il bene diventò pericoloso.
È la storia dell'intero genere umano.



          The End